Natale 2023, Regole d’Oro


Le (mie) Regole d’oro

Regole d’oro:

Conosci te stesso, il cammino misterioso va verso l’interno.


Non impicciarti dei fatti altrui se non richiesto. Ho il mantello dell’invisibilità.


Alimenta il tuo cuore, il tuo intelletto e il tuo aspetto.

#Natale23 #REGOLADORO

L’Etica della Reciprocità o la Regola d’Oro0 è un valore morale fondamentale che “si riferisce all’equilibrio in un sistema interattivo tale che ciascuna parte ha diritti e doveri; la norma secondaria della complementarità afferma che i diritti di ciascuno sono un dovere per l’altro“. Essenzialmente si tratta di un codice etico in base al quale ciascuno ha diritto a un trattamento giusto e il dovere e la responsabilità di assicurare la giustizia agli altri. L’etica della reciprocità tra individui è il fondamento della dignità, della convivenza pacifica, della legittimità, della giustizia, del riconoscimento e del rispetto tra individui, delle religioni civili. La reciprocità è la base essenziale per il moderno concetto di diritti umani.

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Regole d’oro


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Il “tempo che resta”



Stupore – Emozione


Quale emozione positiva provi più spesso?

Suggestione immagine, grazie #GiusyCalia

Jorge Luis Borges, supremo esploratore del dubbio e delle infinite prospettive del reale, amava citare una riflessione del suo adorato Gilbert Keith Chesterton, il grande scrittore e polemista inglese, noto alle masse per la creazione del personaggio di Padre Brown. La riflessione, come Borges la ripeteva, era la seguente: “Tutte le emozioni passano, solo lo stupore rimane”. Intuizione altamente significativa, evidentemente, per l’autore argentino, che in una celebre poesia, Le strade, descriveva le vie della sua Buenos Aires come “quasi rese invisibili dall’abitudine”.

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“Tutte le emozioni passano, soltanto lo stupore rimane.”

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http://www.simonarinaldi-kolonistuga.it/post/86330878944/fili-derba-odorose-infestanti

Provo una soddisfazione liberatoria e curativa allo stesso tempo, nell’estirpare con le mani le infestanti dal giardino….foglia larga e stretta, foglie di magnolia, rametti secchi, segni, dai viaggi delle tortore. Una specie di pellegrinaggio, china a terra, e penso: finiranno queste maledette!? Poi guardo l’estensione del prato e non posso che rendermi conto della pia illusione. Mentre strappo penso di stare togliendo le questioni annose della vita, quelle che poprio non sembrano volersene andare. Tiro più forte e mi rimangono fili in mano, oppure mi sbilancio e cado all’indietro. Allora rido e mi dico: e vabbè, però un po’; ti ho tolto maledetta!;e vedo visi sbiaditi di ricordi amari; poi all’improvviso il leggero fastidio che mi si era stampato sui tratti del viso, (ricordo e beffa), si trasforma in piacere, che mi socchiude gli occhi. Vedo che la mano sporca è pervasa da un profumo di erba dai sentori del sogno…e allora…. Rimango immobile un istante eterno perchè ho appena capito di avere scoperto un tesoro! @kolonistuga

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Cultura Alta e Cultura Bassa (Nazione Indiana)


Cultura alta e bassa
di Marco Rovelli
Di tanto in tanto tornano, in rete, riflessioni e accesissimi dibattiti sul rapporto tra cultura “alta” e “bassa”. E’ il caso del pezzo che Massimo Rizzante ha postato su Nazione Indiana qualche giorno fa, che inizia così: “Vorrei sapere chi è stato a un certo punto della Storia, sul finire del XX secolo, a decretare che “Happy days”, la serie televisiva americana degli anni Settanta, ci abbia formato nella nostra adolescenza più della lettura, a volte faticosa, a volte verticale, dei romanzi di Dostoevskij…”. E alla fine del thread di commenti, Francesca Matteoni chiosava così: “Il problema è la sempre più assoluta incapacità del contemporaneo di vedere il passato, di aprire brecce e fessure nell’esperienza, di sentire le radici. Non si tratta di una gara: cultura popolare contro cultura accademica, ma di ritrovare l’anello che le tiene insieme.” E Simona Carretta poneva l’accetto sull’invenzione formale. Mi sono ricordato di quanto scrissi qualche anno fa in un altro dei lit-blog cardinali, Lipperatura di Loredana Lipperini – a riprova di quanto la rete tenda a tornare sui suoi passi. Potremmo considerare due concetti limite, che hanno a che fare con la forma/sostanza di un’opera: da un parte una cultura ‘alta’, ovvero autocosciente, consapevole di sé: ‘si sa’ in quanto relazione avendo presente la rete di ‘rimandi’ che la costituisce. Riconosce la propria urgenza. Si inserisce attivamente nel reticolo culturale della sua epoca, trasformandolo. E’ uno scarto: lascia intravedere altro. E’ memoria e anticipazione (ha un contenuto di verità che emerge nel tempo). Dall’altra parte una cultura ‘bassa’, che è un oggetto inerte: non dice, ma viene detta – e prodotta unicamente in quanto merce. Non ha parola, gliela si dà. Non è attiva, ma passiva: è un risultato, può compiere ma non trasforma nulla. Non lascia intravedere nulla. Ha ricordi, non memoria. Non anticipa nulla. Ecco, è sulla capacità di anticipare il tempo e produrre il nuovo, che deve continuare a misurarsi la qualità della nostra produzione letteraria. 
(pubblicato su l’Unità, 7/11/2009)
La difficoltà di fare memoria è lo specchio di una crisi qualitativa, Estetica. La memoria come analisi, dettaglio,recupero del passato in termini creativi, attraverso documenti e studio di eventi, rapporto tra storia e presente; quanto ci sappiamo riappropriare del tempo? del dispiegarsi del passato, presente e futuro? Quanto sappiamo domandarci, sulla nostra provenienza?
Il passato necessita di essere re-interpretato, continuamente, per scavalcare il concetto di lettura ideologica dei fatti, per essere ri-animato dalla posizione neutrale nel quale viene segregato; Per me, collezionista cartacea, andare a recuperare documenti storici,( prigioni del “passato”) è come andare a cercare le chiavi delle porte del futuro.