Gallerie dell’Accademia di Venezia


Gallerie dell’Accademia di Venezia

Da Palazzo Franchetti, Ponte dell’Accademia

Scrivo il post, da visitatrice, fruitrice di Musei, Esposizioni, Mostre da oltre 35 anni e con cadenza regolare; opinione dunque personale quanto segue…

Visitato per poter ammirare “La Tempesta” di Giorgione. Il Sistema Museale veneziano ha nel suo patrimonio certamente opere inestimabili, qua ritrovabili. (Solo per questo vale 4 stelle, 5 l’Architettura del Palladio)

La Galleria per come è sviluppata non mi ha entusiasmato particolarmente per fruibilità e scelte espositive. Agèe
Ho trovato con più “carattere” il ponte dell’Accademia che l’edificio in sé e il contesto esterno (per come è fruito/trattato/valorizzato/vivo). All’interno  il bookshop è nutrito ed è subito all’entrata. (L’idea di fare cassa facile, si percepisce nettamente, come per il Correr e tutta San Marco).
Il percorso si sviluppa al piano superiore, con le varie sale tematiche, per poi tornare con l’ultima sala con i capolavori di Tintoretto e Veronese(piano terra). Diverse opere e sale erano in allestimento e fuori per mostre.
Tralascio volutamente di elencare la grandezza degli autori e delle opere esposte che si presentano da sole e con l’audio guida, mi soffermo sullo spazio e il percorso espositivo. (Sito consultabile, degno di nota)

Illuminazione non idonea, arredi, colori e pannelli vetusti. Coinvolgimento del visitatore all’interno di un percorso sensoriale con l’ultilizzo della tecnologia, assente. Sicuramente ha bisogno di una riconcezione più smart degli allestimenti e dei percorsi. (Interattività, realtà aumentata, suoni, visita virtuale o in 3d, gaming, tablet/meta dati per le opere scelte più importanti, audio_guida con IA…)

Degna di nota la collezione di opere del Casanova e le opere del Vedutismo e Paesaggismo (Il Sito offre la possibilità di vedere la Gallery delle sale espositive)

Giugno 2023

#Venezia #Gallerie #Arte #Architettura

Che cosa è un Museo oggi?

Innovazione nei Musei, quando la tecnologia rinnova l’Arte

Il nuovo Museo è inclusivo e sostenibile

Articolo di Finestre sull’Arte

museo?
Musei, non basta parlare di valorizzazione. Che cosa dovrebbe essere un museo?


La grazia di Cristina Campo


Di ogni parola inutile, ci sarà richiesto conto.

Ricordando Cristina Campo

Se qualche volta scrivo è perché certe cose non vogliono separarsi da me come io non voglio separarmi da loro. Nell’atto di scriverle, esse penetrano in me per sempre attraverso la penna e la mano come per osmosi”

Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini, nasce il 29 aprile del 1923 a Bologna. Figlia del maestro di musica Guido Guerrini e di Emilia Putti.

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“L’attenzione è il solo cammino verso l’inesprimibile, la sola strada al mistero”.

Ricordo di Cristina Campo a cento anni dalla nascita
(Bologna 1923 – Firenze 1977)

Tomba di Cristina Campo in Certosa a Bologna


Il fondo Cristina Campo si trova al Gabinetto Vieusseux e comprende i carteggi indirizzati dalla scrittrice poetessa e traduttrice ad Alessandro Spina e ad Anna Bonetti, inoltre suoi articoli, saggi, traduzioni, poesie e foto con ritratti della scrittrice e immagini della sua abitazione.

Rara intervista

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Cristina Campo. Un ritratto, di Corinne Zaugg

Annie Besant – Teosofia


ANNIE BESANT

Link ad altri mie post sulla Besant, YOGA

Arriva la Teosofia

Si preparava intanto una nuova vita della Besant. Nel 1889 le venne chiesto di scrivere una recensione a un libro, La dottrina segreta, della nobildonna di origine russa Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891). Il libro le fece una notevole impressione inducendola a cercare un incontro con la Blavatsky a Parigi, dal quale scaturì la sua conversione alla Teosofia. La Blavatsky si era già interessata da giovane in Russia ad alcuni principi di questa disciplina. Più tardi, nel 1875 a New York, aveva fondato la Società Teosofica Internazionale insieme a un colonnello americano che condivideva la sue idee, Henry Steel Olcott. Spiritualista, veggente, affascinata dalle arti occulte, la Blavatsky univa alcuni lodevoli intenti (la fratellanza universale, la diffusione dei testi buddisti e induisti e in generale l’instaurazione di rapporti di conoscenza reciproca tra le diverse religioni) ad alcune stranezze come i suoi rapporti a grande distanza con dei Maestri occulti conosciuti in un suo ipotetico viaggio in Tibet, i quali le dettavano da lì idee e consigli, fungendo da suoi ispiratori. Questo strano miscuglio di ragionevolezza e di scopi meritori da un lato, di stravaganze dall’altro, suscitava in alcuni ironie o peggio. Edward Carpenter, pur esperto e ammiratore di cose indiane, ironizzava volentieri sulla “confusione mentale” di Madame Blavatsky.

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Bibliografia

La fonte principale sulla Besant è l’Autobiografia, trad. it., Torino, Bocca, 1912, poi Trieste, Sirio, 1955. Una ristampa della stessa traduzione è stata pubblicata a Firenze (Le Lettere) nel 2002, con una Prefazione di L. Scaraffia. La biografia in due volumi citata qui sopra è quella di A. H. Nethercot, The First Five Lives of Annie Besant, Londra-Chicago, Hart-Davis, 1961, seguita da The Last Four Lives of A. B., Londra-Chicago, Hart-Davis, 1963. Più recente (e anche più sobrio): A. Taylor, Annie Besant. A Biography, Oxford-New York, Oxford U. P., 1992. Su Bradlough: B.Niblett, Dare to stand alone: The Story of Charles Bradlaugh, Oxford, Kramedart Press, 2011. Si vedano anche: G. D. H. Cole, Storia del pensiero socialista, trad. it., II, 1850-1890, Marxismo e anarchismo, Bari, Laterza, 1951, pp. 449 e ss., 469 e ss.; III, 1889-1914, La seconda Internazionale, 1, ivi, 1967, pp. 13, 127 e ss., 171 e ss.; E. Grendi, L’avvento del laburismo. Il movimento operaio inglese dal 1880 al 1920, Milano, Feltrinelli, 1964, passim; M.Torri, Storia dell’India, Bari, Laterza, 2000, part. pp. 514-519 e passim; M.Lutyens, Krishnamurti. Gli anni del risveglio, Milano, Armenia, 1979; R.Guénon, Il teosofismo, a cura di C.Cammarata, 2 voll., Torino, Delta Arktos, 1987. Immagine di apertura: “Small portraits of six theosophs”.

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Annie Besant e Krishnamurti. Due grandi anime alla ricerca della Verità

La Bellezza _ l’Immortalià


Cos’è la Bellezza?

Fuksas, cos’è la Bellezza

Salvatore Settis. Salvare la bellezza

 

La lotta per la bellezza deve essere anche una lotta per la legalità, per la moralità e per un rapporto sociale equilibrato anche con le generazioni che ci hanno preceduto e con quelle future. 

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Cosa c’è di là? INNO ALLA VITA” dialoga con Vito Mancuso


Enzo Bianchi “Inno alla vita

“Ormai vecchio, guardando al mio passato, mi accorgo che il cammino dell’imparare a morire è stato il cammino dell’imparare a vivere, nella convinzione che ciò che si è vissuto nell’amore resterà per sempre. Solo l’amore innesta l’eternità nella nostra vita mortale. Che senso può avere nel nostro tempo la domanda sull’aldilà? Nell’epoca della morte rimossa o spettacolarizzata in un flusso di immagini che la esibiscono e la dissacrano, quale significato possiamo attribuirle? Su questa terra che tanto amo, ho sempre cercato l’eternità.” Con queste parole Enzo Bianchi, instancabile cercatore di senso, apre una meditazione poetica e non dogmatica sulla più ineludibile delle domande – su quel limite capace di dare senso alla vita di ciascuno – per approdare a una risposta centrata sull’amore, sulla sua forza come trama del mondo e delle relazioni con gli altri, e quindi come ragione di speranza anche dopo la vita terrena. Un libro appassionato, carico di fiducia, in cui la morte si apre alla vita.

#vitomancuso

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Prepararci a morire…prepararsi all’unico atto di fede che noi possiamo fare…morendo! Io ti ridò Signore quella vita che mi hai donato…

Il problema non è morire, perché questa sarebbe una onnipotenza, che ci porta alla follia, il problema è rendere il più possibile umana la morte, umanizzare la morte…


Giulio II e Raffaello – Pinacoteca Nazionale di Bologna


Il Rinascimento a Bologna

Pinacoteca Nazionale di Bologna

Il ciclo di Conferenze

Pinacoteca Nazionale di Bologna

di Francesca Sibilla
Dall’ 8 ottobre 2022 al 5 febbraio 2023 la Pinacoteca Nazionale di Bologna ospita il percorso espositivo ‘Giulio II e Raffaello’. Lo straordinario ritratto del pontefice eseguito dall’artista urbinate, prestito della National Gallery di Londra, porta a riscoprire tracce e tesori di un passato rinascimentale, non sempre noto, in parte rimosso, che si intreccia con le vicende storiche della città. Ne parliamo con il professore Daniele Benati, curatore della mostra, docente dell’ Alma Mater Studiorum e storico dell’arte.

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Il Rinascimento a Bologna
Le armi dell’arte nella lotta tra Papato e Impero

#pinacotecanazionaledibologna #Raffaello #Rinascimento

Guerra e propaganda durante il papato di Giulio II

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È nel 1506 che, strappata la città alla signoria dei Bentivoglio, Giulio II riconduce Bologna al domino della Chiesa. Un fatto che ha implicazioni in ogni aspetto della vita cittadina, arte compresa.
Bologna, con la vicina Ferrara, contava all’epoca su artisti di grandissimo valore. Francesco del Cossa, Ercole de Roberti, Lorenzo Costa, tra i ferraresi che operavano in città, accanto ai bolognesi Francesco Francia e Amico Aspertini, impegnati in committenze di rilievo, come la mostra documenta in modo preciso.
Gli artisti che avevano avuto il ruolo di protagonisti nel periodo bentivolesco si trovano a misurarsi con Michelangelo, Raffaello e Bramante e a confrontarsi con un altro mondo: una rivoluzione cui consegue la diaspora dei maestri bolognesi.

Tra le opere emblematiche di questo momento l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello, realizzata durante il papato di Leone X, che influenzò l’arte presente e quella a venire. Ma se il raffaellismo conquistò la maggior parte degli artisti rientrati in città, non fu così per Amico Aspertini, pittore fedele al proprio linguaggio assolutamente personale e anticlassico, come testimonia in mostra il Cristo benedicente tra la Madonna e San Giuseppe, che qui giunge grazie al prestito della Fondazione Longhi di Firenze.

Gli anni travagliati che portano al Sacco di Roma nel 1527 condussero a Bologna un’altra personalità di spicco: il Parmigianino presente in città tra il 1527 e il 1530. La sua arte raffinata ed inquieta è documentata in mostra dal confronto tra la Santa Margherita della Pinacoteca e la Madonna di San Zaccaria, che giunge dagli Uffizi…..

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Conoscersi


#simonarinaldi

#Tell


Introspezione Psicologica

Introspezione Filosofica

Introspezione

Il filosofo francese Henri Bergson utilizzò il metodo dell’introspezione per studiare il fluire degli stati d’animo dall’uno verso l’altro, senza che sia possibile distinguerli nettamente; questo era il punto focale della sua critica alla visione del tempo offerto dal positivismo, insensibile ai fatti contenuti nei diversi istanti.

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ZYGMUNT BAUMANIntervista sull’identità (Bari, Laterza 2009).

L’introspezione è un’attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno, da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.

L’introspezione classica e il metodo psicanalitico


Busy Bragging – “gym-a-holic” 


Busy Bragging

Un meccanismo perverso, una assurdità

Quel che penso?

Tra zombie, lobotomizzati, analfabeti funzianali, bias cognitivi, testosterone militare, pensieri populisti…beh direi che le prospettive per una società migliore sono confortanti. (Da leggere con tragica ironia)

SIAMO SCHIAVI DELL’IDEA CHE PIÙ SIAMO IMPEGNATI E MENO CI RILASSIAMO, PIÙ VALIAMO COME PERSONE

Per ricostruire la storia del busy bragging, Schulte ha intervistato Ann Burnett, che studia gli effetti del linguaggio sulla realtà. Burnett ha dedotto che, dopo la metà del secolo scorso, è aumentato l’uso di parole che rimandano a un’idea di frenesia, di velocità, di assenza tempo, come se queste rappresentassero un segno identitario condiviso. “Le persone fanno a gara per essere occupate”, dice Burnett. “Se sei impegnato, sei importante. Stai conducendo una vita piena e degna”. Se essere indaffarati è una virtù, che aumenta il valore individuale, alcune persone hanno iniziato a fuggire dal cosiddetto ozio, oggi ritenuto come un’attività avvilente. Pare che non avere nulla da fare sia una delle più grandi paure degli ultimi decenni. Come sostiene lo scrittore e illustratore Tim Kreider nell’articolo The Busy Trap, “la frenesia serve come una sorta di rassicurazione esistenziale”.

https://thevision.com/attualita/busy-bragging/

Nel trattato La teoria della classe agiata del 1899 il sociologo Thorstein Veblen scriveva che “la palese astensione dal lavoro è il segnale convenzionale di uno status pecuniario superiore”, ma oggi la situazione sta in parte cambiando. Se lavorare tanto ed essere sempre indaffarati fa aumentare il nostro valore sociale, il fatto di poter disporre di molto tempo libero – pur continuando a essere, in certi casi, un lusso – è sintomatico dell’essere poco richiesti. “Gli status symbol tradizionali”, dice Bellezza, “dall’orologio di lusso alla barca, hanno il potere di farci sentire membri di un’élite, certo, ma sono pur sempre oggetti esterni. L’essere richiesti è legato più strettamente alla nostra individualità”. 

E ancora sull’ossessione del fitness

” Il rischio è essere fagocitati dalla rappresentazione di se stessi, e diventare in tutto e per tutto il proprio utente. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, dunque, il tempo e il denaro che molti investono sui loro corpi spesso è mosso dal desiderio di alimentare il proprio avatar, lavorando sulla propria immagine non per trovare il proprio benessere fisico, ma per trasformarla in contenuto da mostrare ai propri follower. Inoltre, le donne – come aveva già riportato uni studio del Journal of Health Psychology risalente al 2008 – provano cattivo umore, depressione e ansia dopo soli 30 minuti di visione di riviste di fitness che promuovono un “ideale atletico”. I social, e Instagram in particolare, non hanno fatto altro che far aumentare esponenzialmente queste sensazioni.”

“Le conseguenze della fitness culture vanno oltre la semplice frustrazione: l’ultima revisione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) classifica l’esercizio fisico compulsivo tra i disturbi da dipendenza comportamentale.”


Limes, La Russia cambia il mondo – Bologna


La Russia cambia il monda

Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes, presenta il numero di marzo con Federico Petroni, consigliere di redazione e analista geopolitico e Mariangela Pira di Sky TG24. Introduce Fabrizio Talotta, presidente Associazione Geopolis.

Il libro
📓 ‘Limes’ è la principale rivista italiana di geopolitica e l’ultimo numero cerca di capire e approfondire le cause e le ragioni della guerra tra Russia e Ucraina.
Perché Putin ha aggredito l’Ucraina,
lo spazio russo diventerà un buco nero?, la guerra ridisegna la carta d’Eurasia: sono le domande a cui si cerca di dare risposta.
“Le repubbliche del Donbas”, “Zelens’kyj e il peso degli oligarchi”, “L’espansione della Russia dalla Siria al Libano” i titoli di alcuni articoli presenti e di cui si parlerà in questo appuntamento.

L’incontro è realizzato in collaborazione con Associazione Geopolis, Gruppo editoriale Gedi e laFeltrinelli Librerie.


Augusto Majani – La potenza dell’Idea


Augusto Majani – La potenza dell’Idea

Allestimento Palazzo d’Accursio
Augusto Majani

Augusto Majani illustratore

https://youtu.be/IlSlLtlIzpU

Dal 4 dicembre al 30 gennaio l’Associazione Bologna per le Arti presenta a Palazzo d’Accursio Augusto Majani (1867-1959). La potenza dell’Idea, a cura di Francesca Sinigaglia, una mostra che per la prima volta indaga in maniera approfondita la produzione pittorica dell’artista contribuendo ad aggiornare gli studi sul suo lavoro.

Saranno esposte circa 90 opere, tra tele e tavole, dagli esordi fino agli anni Cinquanta del Novecento, molte delle quali provenienti da importanti istituzioni museali italiane – Pinacoteca Nazionale di Bologna, Istituzione Bologna Musei |MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, Museo Storico Giuseppe Garibaldi di Como, Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Accademia di Belle Arti di Bologna –, dalla Pinacoteca civica “Domenico Inzaghi” di Budrio, città natale dell’artista, e da numerose collezioni private.

L’ombra della croce

L’ombra della croce