Le Guerre e la Pace – Biennale di Venezia 2025


Le Guerre e la Pace – Biennale di Venezia

Le guerre e la pace
Si comincia con Le guerre e la pace, un incontro dedicato al tema del conflitto nel pensiero europeo. Giovedì 6 novembre alle ore 18.00, presso la Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, sede della Biennale di Venezia, il filosofo Massimo Cacciari terrà una Lectio Magistralis dal titolo La morte dello jus belli ispirata da due testi fondamentali: Zum ewigen Frieden (Per la pace perpetua) di Immanuel Kant e Der Friede (La pace – Una parola ai giovani d’Europa e ai giovani del mondo) di Ernst Jünger. All’incontro parteciperanno Monsignor Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia, e Pietrangelo Buttafuoco, Presidente della Biennale di Venezia.

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Patriarca di Venezia


Biennale di Venezia 2024 – Arsenale


#Arsenale – #Biennale 2024

Stranieri Ovunque

Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere

La Biennale, una meta sin dalla mia prima volta nel lontano 1994

Il titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.

«L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Adriano Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri».

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Spazio delle Corderie

Vedi Padiglione Italiano


Padiglione Italia – Biennale d’arte – Venezia 2024 –


Padiglione Italia

#biennale2024

Il titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.

«L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Adriano Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri».

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Il Padiglione Italia di Massimo Bartolini a Venezia


Massimo Bartolini (Cecina, 1963) è da trent’anni uno dei più sensibili artisti italiani e con il padiglione di questo 2024 mette un sigillo sulla sua carriera negli anni della pienissima maturità artistica. L’intervento, curato da Luca Cerizza e sostenuto oltre che dal Governo (800mila euro) anche dalla Tods e da Banca Ifis (altri 400mila euro), riesce ad aver ragione dell’inutilmente smisurato spazio alle Tese delle Vergini. La mostra si articola in tre spazi: la prima tesa, la seconda tesa, il giardino. Il filo conduttore è il suono, la musica, ma anche il silenzio cheppoi sempre suono è. E l’ascolto, col titolo che gioca con le parole To Hear (ascoltare) e per assonanza dall’inglese Due Qui. Il padiglione diventa così un gigantesco strumento musicale che fluttua tra i tre ambienti che risuonano uno dentro l’altro, un organo di canne di metallo inifinite lunghe chilometri e ritmate in migliaia di metri quadri.

In un percorso potenzialmente circolaredue figure fanno da ideali introduzioni agli spazi e al progetto: gli alberi del Giardino delle Vergini e un Bodhisattva Pensieroso. Incarnazioni di un principio di natura e di spiritualità, sembrano rappresentare momenti di immobilità. In verità è un’inazione solo apparente. L’albero che è connesso attraverso le radici o il Bodhisattva che sta seduto a pensare incarnano forme di relazione forse più profonde con il Mondo. Intorno a loro e con loro si delineano le opere che aprono e chiudono il progetto, che ha il suo centro in una grande installazione sonora attraversabile dal pubblico.

Padiglione Italia


Palazzo Franchetti – Kengo Kuma – Biennale di Architettura 2023 – Venezia


Palazzo Franchetti – Kengo KumaBiennale di Architettura 2023 – Venezia

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ALLESTIMENTO ESSENZIALE PER “KENGO KUMA– ONOMATOPOEIA ARCHITECTURE”, LA MOSTRA CHE A VENEZIA ACP – PALAZZO FRANCHETTI DEDICA AL PROGETTISTA GIAPPONESE. LA RETROSPETTIVA FU LUCE SUL CONCETTO DI “ARCHITETTURA ONOMATOPEICA”, CUORE DELLA VISIONE DEL MAESTRO GIAPPONESE

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Sono tredici le onomatopee che, con tanto di tabelle esplicative e ideogrammi, accompagnano il percorso tra i più recenti progetti dell’architetto e le due sculture-architetture appositamente realizzate per la rassegna: L’albero della barca, una maestosa onda in castagno, omaggio al legno che sostiene Venezia, e Laguna, installazione polimorfa che mette in relazione pubblico, terra e cielo nell’elegante giardino su Canal Grande. Qualche esempio di onomatopea? “Para-Para” – Pieno/Vuoto, ovvero la dimensione dove la percezione non è mai solida, ma un insieme di particelle che compongono una forma in alternanza di pieni e vuoti. Viene evocata nello Yusuhara Wooden Bridge Museum (2011), dove piccole sezioni di legno 180×300 si uniscono creando un ponte leggero, arioso, la cui luce strutturale proviene proprio dagli interstizi. E ancora, “Zara-Zara” – Grezzo/Percezione, riporta invece alla centralità delle caratteristiche fisiche dei materiali. Questa si riflette negli Archivi Antoni Clavè a Parigi (2017), che sono allestiti con una lamiera in alluminio stirata e trattata in un bagno di carta washi; una sensazione di imperfezione per ritrovare naturalezza, warmness, come direbbe l’architetto. E come questi tanti altri sono i suoni che danno forma alle intenzioni di Kengo Kuma

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Biennale di Venezia 2022_ Arsenale e Giardini


Biennale di Venezia 2022

IL LATTE DEI SOGNI

#biennale #Arte #mostre #venezia

Conferenza di presentazione

Biennale di Venezia, Il Latte dei Sogni

CECILIA ALEMANI

«La Mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington (1917-2011) – spiega Cecilia Alemani – in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. L’esposizione Il latte dei sogni sceglie le creature fantastiche di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione, come compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano.
La Mostra nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse con insistenza molte domande che evocano non solo questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata, ma riassumono anche molte altre questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?
Questi sono alcuni degli interrogativi che fanno da guida a questa edizione della Biennale Arte, la cui ricerca si concentra in particolare attorno a tre aree tematichela rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosila relazione tra gli individui e le tecnologiei legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra