di Emilio Salgari
Editore: Donath, Genova 1906 (1a ed. 1900)
Illustrazioni di Alberto Della Valle e Pipein Gamba
Il libro apparve per la prima volta in 150 puntate -dal 16 ottobre 1883 al 13 maggio 1884- in appendice alla rivista “Nuova Arena” di Verona, con il titolo La tigre della Malesia, nel 1886 apparve su “Il Telefono”, e nel 1890-91 su “La Gazzetta di Treviso”, per essere infine pubblicato in volume nel 1900 dall’editore Donath, con il titolo definitivo.
Siti per un ulteriore approfondiemnto:
http://www.letteraturadimenticata.it/Salgari.htm
http://www.italica.rai.it/index.php?categoria=libri&scheda=salgari_tigri
Penso a una tigre. La penombra eleva
la grande Biblioteca laboriosa
e pare che allontani gli scaffali.
Forte, innocente, insanguinata e nuova,
andrà per la sua selva e il suo mattino,
stamperà l’orma sua nella fangosa
riva di un fiume il cui nome ignora
(non ha il suo mondo nomi, né passato
né avvenire, ma un solo attimo certo),
d’un balzo coprirà distanze enormi,
odore d’alba fiuterà nell’ampio
labirinto intricato degli odori
Entro le righe del bambù decifro
le sue righe e indovino l’ossatura
sotto la pelle splendida che vibra.
Invano si interrompono i convessi
mari e i lunghi deserti del pianeta;
da questa casa di un remoto porto
d’America del Sud, ti seguo e ti sogno,
oh tigre, delle riviere del Gange.
Dilaga in me la sera e sto pensando
che il vocativo tigre del mio verso
è una tigre di simboli e di ombre,
una serie di tropi letterari
reminiscenze d’enciclopedia
non la tigre fatale, l’infausta gioia
che, sotto il sole o la cangiante luna,
va compiendo in Sumatra o nel Bengala
il suo ciclo d’amore, d’ozio e morte.
Alla tigre dei simboli raffronto
quella vera, quella di caldo sangue,
quella che decima la tribù dei bufali
che oggi, il tre agosto del cinquantanove,
distende una pacata ombra sui prati.
Ma basta nominarlae immaginarne le circostanze
e subito diventa finzione d’arte,
e non creatura viva
di quelle che camminano la terra.
Cercheremo una terza tigre. Anch’essa
come l’altre sarà solo una forma
del mio sogno, un sistema di parole
umane, non la tigre vertebrata
che prima assai delle mitologie
calca la terra. Lo so, ma qualcosa
m’urge a questa avventura indefinita,
insensata ed antica, e io mi ostino
a cercare nel tempo del tramonto
quell’altra tigre che non sta nel verso.
* E’ l’arte che crea una sembianza.
da Antologia Personale – Jorge Luis Borges – Longanesi & C. 1981
Da Conversazione con Borges di Alberto Arbasino
B:Direi soltanto che la letteratura è sempre stata fantastica, è cominciata con le cosmogonie, con le mitologie, con i racconti di dèi e di mostri…Nessuno scrittore ha mai sognato di essere un proprio contemporaneo: questo è cominciato soltanto nel diciannovesimo secolo…Prima si parlava sempre di altri secoli e di altri paesi, ed era la cosa più naturale…
A:Già; ma nei nostri tempi?
B:Bisogna ritornare a questa tradizione fantastica che è la vera grande tradizione, la tradizione principale della letteratura; il resto è piuttosto giornalismo, sarà anche storia, ma non è letteratura.
A: E il Realismo?
B:Il Realismo è un episodio, solo un momento nella storia della letteratura. La grande letteratura non è mai stata realista……..
A:Già. Ma intanto da molte parti si privilegia anche oggi nella letteratura quella specie di realismo che . Sono slogan correnti: mentre l’immaginazione, compresa l’immaginazione al potere, non sembra ben vista nella letteratura.
B:No. Lo scrittore deve sapere essere fedele alla propria immaginazione; e se è fedele a ciò che immagina, se sogna sinceramente, ecco, è questa la sua sincerità. E io cerco di sognare sinceramente. Credo cioè che sia un errore il pensare che la letteratura sia fatta di parole. No, non è fatta di parole; cioè è fatta anche di parole, ma è fatta soprattutto di immagini e di sogni.
…B:Sì, ma i sogni sono reali, come lo stato di veglia; i sogni sono reali. e le fantasticherie sono reali; il mio passato è reale, il mio passato e la memoria, la storia è reale, e la storia è un sogno per noi, proprio come diceva Joyce: . La storia è un incubo, un sogno tutto è sogno. O come diceva bene Schopenhauer, Die Welt als Will und Vorstellung, il Mondo come Volontà e Rappresentazione: la nostra volontà e il sogno sono la stessa cosa…