Il Corpo, Umano – Vittorio Lingiardi


Il Corpo, Umano

VITTORIO LUNGIARDI

Lei racconta gli organi per restituirci il corpo intero, tutt’uno con la psiche.

“Il corpo è composto da elementi separati, ma è un teatro di convivenze. Penso al magnifico poema di Whitman sul ‘corpo elettrico’: preghiera medica dove ogni organo è tutto il corpo e tutto il corpo è ogni suo organo. Un corpo mente, mitico e medico, che attraversa la vita”.

Se a diciotto anni, invece dell’Uomo senza qualità di Robert Musil avessi letto Corpo, umano di Vittorio Lingiardi (Einaudi), credo che sarei stata una persona più contenta e consapevole. In Corpo, umano – dove la virgola fa la differenza – lo psichiatra e psicoanalista Vittorio Lingiardi si avvicina agli organi che compongono il corpo, uno per uno: dal fegato al cervello, dagli occhi al cuore, per raccontarli con le voci della medicina e della poesia, ma anche per esprimere la sua preoccupazione per il corpo contemporaneo, al centro di mille attenzioni eppure bisognoso di un ascolto che non arriva.

Link all’articolo di Daria Bignardi

Professor Lingiardi, il corpo è ancora importante nell’era del virtuale?

“ ‘Il corpo c’è, e c’è, e c’è’, dice la poeta Szymborska. Ci contiene, ci determina. È il nostro io ma anche il primo tu. Dobbiamo imparare a parlargli prima possibile. L’incontro con la ‘verità’ del corpo è sempre complesso: emozionante e drammatico. Oggi, con corpi semi-virtuali (nel lavoro, nelle relazioni), ancora di più. Soprattutto nei momenti in cui si trasforma: l’adolescenza e l’invecchiamento”.

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Il Salotto di Ulisse – Imperium il potere a Roma


Imperium, il Potere a Roma 🏛️ Imperium: il potere a RomaUn viaggio nella storia politica e morale dell’antica Roma, per comprendere come il concetto di imperium — nato come potere etico e responsabile — si sia progressivamente trasformato in strumento assoluto e divino nelle mani dei sovrani. Attraverso un’analisi profonda dei valori repubblicani, delle istituzioni…

Le Guerre e la Pace – Biennale di Venezia 2025


Le Guerre e la Pace – Biennale di Venezia Le guerre e la paceSi comincia con Le guerre e la pace, un incontro dedicato al tema del conflitto nel pensiero europeo. Giovedì 6 novembre alle ore 18.00, presso la Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, sede della Biennale di Venezia, il filosofo Massimo Cacciari terrà…

“La porta che non chiede” con ChatGPT


“La porta che non chiede” Quello che sotto nasconde un campanello elaborato da me in chiave simbolica, con gli elementi delle piume e del nido a me da sempre congeniali…. Che meraviglia 🌿🪶 Hai trasformato un vecchio campanello – un oggetto che appartiene al linguaggio dell’uomo, del richiamo, dell’ingresso – in un segno naturale, silenzioso…

Festival della Mente 2025 – INVISIBILE


Festival della mente Programma «Forse tutta la saggezza, tutta la verità, tutta la sincerità si trovano concentrate in quell’imponderabile momento del tempo in cui varchiamo la soglia dell’invisibile», scrive Joseph Conrad in Cuore di tenebra. L’invisibile, nel pensiero di Marlow, protagonista insieme a Kurtz del romanzo capolavoro del grande scrittore polacco, naturalizzato britannico, rappresenta il…

Biennale di Venezia 2024 – Arsenale


#Arsenale – #Biennale 2024

Stranieri Ovunque

Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere

La Biennale, una meta sin dalla mia prima volta nel lontano 1994

Il titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.

«L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Adriano Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri».

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Spazio delle Corderie

Vedi Padiglione Italiano


Padiglione Italia – Biennale d’arte – Venezia 2024 –


Padiglione Italia

#biennale2024

Il titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.

«L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Adriano Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri».

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Il Padiglione Italia di Massimo Bartolini a Venezia


Massimo Bartolini (Cecina, 1963) è da trent’anni uno dei più sensibili artisti italiani e con il padiglione di questo 2024 mette un sigillo sulla sua carriera negli anni della pienissima maturità artistica. L’intervento, curato da Luca Cerizza e sostenuto oltre che dal Governo (800mila euro) anche dalla Tods e da Banca Ifis (altri 400mila euro), riesce ad aver ragione dell’inutilmente smisurato spazio alle Tese delle Vergini. La mostra si articola in tre spazi: la prima tesa, la seconda tesa, il giardino. Il filo conduttore è il suono, la musica, ma anche il silenzio cheppoi sempre suono è. E l’ascolto, col titolo che gioca con le parole To Hear (ascoltare) e per assonanza dall’inglese Due Qui. Il padiglione diventa così un gigantesco strumento musicale che fluttua tra i tre ambienti che risuonano uno dentro l’altro, un organo di canne di metallo inifinite lunghe chilometri e ritmate in migliaia di metri quadri.

In un percorso potenzialmente circolaredue figure fanno da ideali introduzioni agli spazi e al progetto: gli alberi del Giardino delle Vergini e un Bodhisattva Pensieroso. Incarnazioni di un principio di natura e di spiritualità, sembrano rappresentare momenti di immobilità. In verità è un’inazione solo apparente. L’albero che è connesso attraverso le radici o il Bodhisattva che sta seduto a pensare incarnano forme di relazione forse più profonde con il Mondo. Intorno a loro e con loro si delineano le opere che aprono e chiudono il progetto, che ha il suo centro in una grande installazione sonora attraversabile dal pubblico.

Padiglione Italia


La Bellezza è nel cervello di chi guarda Semir Zeki


La Bellezza e lo sguardo

“La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”. Lo diceva nel ‘700 il filosofo David Hume, senza sapere nulla di neuroscienze.

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Usiamo una sola parola, “bellezza”, e la associamo a cose diversissime: un’opera d’arte, il viso di una persona, un brano musicale. Che cosa unisce tutte queste cose differenti?
È importante fare una distinzione fra la bellezza biologica – quella propria dei corpi umani e non, ma anche un panorama o qualsiasi altra cosa naturale – e la bellezza dei manufatti, come un’opera d’arte o anche un edificio. La prima ha basi universali condivise: il viso di una persona considerata bella in Giappone risulta bello anche in Italia o in Inghilterra. Invece il secondo tipo di bellezza subisce influssi culturali molto forti: per esempio una chiesa in Italia potrebbe essere considerata più bella, da un italiano o da un europeo, di un tempio in Giappone. L’uso di una sola parola per tutto è un relitto del passato, quando ancora la bellezza non era stata studiata a sufficienza. Pensiamo ai greci antichi che avevano un’unica parola, kalòn, per la bellezza morale e per quella fisica: anche quello non funziona.

Semir Zeki

«Questo significa che nel nostro cervello esiste un concetto astratto di bellezza: ciò che riteniamo bello e quindi ci suscita un’emozione forte, a prescindere dalla sua natura, attiva sempre la stessa area cerebrale – spiega Zeki, che ha fondato e dirige l’Istituto di Neuroestetica di Londra per interrogarsi sulle basi biologiche della bellezza, dell’amore, della creatività e viene considerato ormai una sorta di “filosofo con il camice” –. Da secoli filosofi e artisti si chiedono se esistano caratteristiche che rendono un’opera oggettivamente, inderogabilmente bella: ora sappiamo che la bellezza è indiscutibilmente negli occhi, anzi nella mente, di chi guarda».

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Semir Zeki, neurobiologo dell’University College di Londra

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Stirpe di terra


MUCHA – CHINI Firenze – Museo degli Innocenti


#artnouveau #liberty #mucha #chini

MUCHA

Alphonse Mucha. La Seduzione dell’art Nouveau

Il Museo degli Innocenti presenta la mostra dedicata ad Alphonse Mucha, l’artista ceco fondatore dell’Art Nouveau. La mostra, intitolata Alphonse Mucha. La Seduzione Dell’art Nouveauaperta fino al 7 aprile e curata da Tomoko Sato con Francesca Villanti, offre oltre 170 opere, da manifesti a dipinti, esplorando la carriera di Mucha in modo tematico.

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Vedi altro mio post

Tra le sezioni principali, “Donne, Icone e Muse” si focalizza sull’influenza di Sarah Bernhardt, mentre la “Cultura Bretone” mostra l’interesse di Mucha per la cultura celtica. La sezione dei “Manifesti Pubblicitari” rivela l’innovazione di Mucha nel connubio tra arte e pubblicità.

L’”Epopea Slava” rappresenta un ritorno alla patria nel 1910 e un impegno verso la storia slava. La sezione conclusiva esplora “Lo Stile Mucha” e il suo impatto sull’Art Nouveau in Italia. L’esposizione, patrocinata dal Comune di Firenze e dall’Ambasciata della Repubblica Ceca, integra un progetto di solidarietà in collaborazione con Komen Italia, utilizzando parte dei proventi per progetti di tutela della salute delle donne.

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Tra fine ottocento e inizio novecento Parigi era considerata il centro del mondo dell’arte. È la cosiddetta Belle Époque, c’è un grande entusiasmo, e Alphonse Mucha, anche grazie all’incontro con Sara Bernhardt, diventa il più famoso e conteso artista dell’epoca. Le sue opere, le sue illustrazioni, i poster teatrali e la nascente pubblicità sono accessibili a tutti. Nasce con lui una nuova forma di comunicazione: la bellezza di fanciulle in fiore, ritratte in una commistione unica tra sacro e profano, voluttuose e seducenti figure, rappresentate con uno stile compositivo unico, sono diventate caratteristiche del famoso “stile Mucha”.
Le sue immagini diventano subito famose in tutto il mondo, il suo stile è il più imitato, la potente bellezza delle sue donne entra nell’immaginario collettivo di tutti.

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Museo degli Innocenti


“Anish Kapoor. Untrue Unreal” Firenze 2024


“Anish Kapoor. Untrue Unreal”

Entrata Palazzo Strozzi – Firenze 2024

La grande mostra di Kapoor a Palazzo Strozzi
Il percorso espositivo di Anish Kapoor. Untrue Unreal, aperto fino al 4 febbraio 2024, condurrà i visitatori attraverso opere storiche e recenti produzioni, invitando a entrare in contatto diretto con un’arte discordante ed effimera. Le opere di Anish Kapoor, che ha da poco inaugurato a Napoli una avveniristica stazione della metro, uniscono infatti spazi vuoti e pieni, superfici assorbenti e riflettenti tramite materiali disparati (come pigmento, pietra, acciaio, cera e silicone) che vengono manipolati, scolpiti, levigati, saturati e trattati mettendo in discussione il confine tra plasticità e immaterialità.

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Conferenza

Che ruolo ha, oggi, il pubblico nel mondo dell’arte?

Riflettendo sulla domanda posta in partenza, la personale Untrue Unreal di #AnishKapoor, allestita nelle sale di Palazzo Strozzi Firenze e curata da Arturo Galansino, è una mostra che sembra riuscita a metà e può essere riassunta attraverso tre elementi chiave: stuporeplasticità e il nero più nero di tutti. Il percorso della mostra si articola in otto sale e propone opere storiche e di recente produzione che dialogano con l’architettura del palazzo e con il pubblico.

Nonostante Anish Kapoor abbia dichiarato in passato, e continui a farlo, di non avere “niente da dire” con la sua arte, è proprio questa dichiarazione che apre le porte ad una pura libertà di interpretazione. Ciò che egli pone dinanzi ai nostri occhi sono opere liquide, che si adattano al contenitore che le accoglie e alla visione di ogni singolo osservatore, il quale diventa l’innesco che attiva l’opera che, per come è pensata, esiste in un tempo e in uno spazio in cui esiste il pubblico. Di fronte all’incontro tra l’irreale e l’inverosimile, non tutte le opere riescono a mettere veramente in discussione i sensi del visitatore; tuttavia è proprio la scelta di soffermare l’attenzione nei confronti della materia delle opere, vera e propria unione di spirito e carne, e di utilizzare immagini archetipiche e preculturali, slegate da qualsiasi preconcetto, a rendere la mostra nel complesso coinvolgente ed interattiva, anche per gli spettatori più scettici e distanti dal mondo dell’arte.

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Gallerie dell’Accademia di Venezia


Gallerie dell’Accademia di Venezia

Da Palazzo Franchetti, Ponte dell’Accademia

Scrivo il post, da visitatrice, fruitrice di Musei, Esposizioni, Mostre da oltre 35 anni e con cadenza regolare; opinione dunque personale quanto segue…

Visitato per poter ammirare “La Tempesta” di Giorgione. Il Sistema Museale veneziano ha nel suo patrimonio certamente opere inestimabili, qua ritrovabili. (Solo per questo vale 4 stelle, 5 l’Architettura del Palladio)

La Galleria per come è sviluppata non mi ha entusiasmato particolarmente per fruibilità e scelte espositive. Agèe
Ho trovato con più “carattere” il ponte dell’Accademia che l’edificio in sé e il contesto esterno (per come è fruito/trattato/valorizzato/vivo). All’interno  il bookshop è nutrito ed è subito all’entrata. (L’idea di fare cassa facile, si percepisce nettamente, come per il Correr e tutta San Marco).
Il percorso si sviluppa al piano superiore, con le varie sale tematiche, per poi tornare con l’ultima sala con i capolavori di Tintoretto e Veronese(piano terra). Diverse opere e sale erano in allestimento e fuori per mostre.
Tralascio volutamente di elencare la grandezza degli autori e delle opere esposte che si presentano da sole e con l’audio guida, mi soffermo sullo spazio e il percorso espositivo. (Sito consultabile, degno di nota)

Illuminazione non idonea, arredi, colori e pannelli vetusti. Coinvolgimento del visitatore all’interno di un percorso sensoriale con l’ultilizzo della tecnologia, assente. Sicuramente ha bisogno di una riconcezione più smart degli allestimenti e dei percorsi. (Interattività, realtà aumentata, suoni, visita virtuale o in 3d, gaming, tablet/meta dati per le opere scelte più importanti, audio_guida con IA…)

Degna di nota la collezione di opere del Casanova e le opere del Vedutismo e Paesaggismo (Il Sito offre la possibilità di vedere la Gallery delle sale espositive)

Giugno 2023

#Venezia #Gallerie #Arte #Architettura

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Articolo di Finestre sull’Arte

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