Busy Bragging – “gym-a-holic” 


Busy Bragging

Un meccanismo perverso, una assurdità

Quel che penso?

Tra zombie, lobotomizzati, analfabeti funzianali, bias cognitivi, testosterone militare, pensieri populisti…beh direi che le prospettive per una società migliore sono confortanti. (Da leggere con tragica ironia)

SIAMO SCHIAVI DELL’IDEA CHE PIÙ SIAMO IMPEGNATI E MENO CI RILASSIAMO, PIÙ VALIAMO COME PERSONE

Per ricostruire la storia del busy bragging, Schulte ha intervistato Ann Burnett, che studia gli effetti del linguaggio sulla realtà. Burnett ha dedotto che, dopo la metà del secolo scorso, è aumentato l’uso di parole che rimandano a un’idea di frenesia, di velocità, di assenza tempo, come se queste rappresentassero un segno identitario condiviso. “Le persone fanno a gara per essere occupate”, dice Burnett. “Se sei impegnato, sei importante. Stai conducendo una vita piena e degna”. Se essere indaffarati è una virtù, che aumenta il valore individuale, alcune persone hanno iniziato a fuggire dal cosiddetto ozio, oggi ritenuto come un’attività avvilente. Pare che non avere nulla da fare sia una delle più grandi paure degli ultimi decenni. Come sostiene lo scrittore e illustratore Tim Kreider nell’articolo The Busy Trap, “la frenesia serve come una sorta di rassicurazione esistenziale”.

https://thevision.com/attualita/busy-bragging/

Nel trattato La teoria della classe agiata del 1899 il sociologo Thorstein Veblen scriveva che “la palese astensione dal lavoro è il segnale convenzionale di uno status pecuniario superiore”, ma oggi la situazione sta in parte cambiando. Se lavorare tanto ed essere sempre indaffarati fa aumentare il nostro valore sociale, il fatto di poter disporre di molto tempo libero – pur continuando a essere, in certi casi, un lusso – è sintomatico dell’essere poco richiesti. “Gli status symbol tradizionali”, dice Bellezza, “dall’orologio di lusso alla barca, hanno il potere di farci sentire membri di un’élite, certo, ma sono pur sempre oggetti esterni. L’essere richiesti è legato più strettamente alla nostra individualità”. 

E ancora sull’ossessione del fitness

” Il rischio è essere fagocitati dalla rappresentazione di se stessi, e diventare in tutto e per tutto il proprio utente. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, dunque, il tempo e il denaro che molti investono sui loro corpi spesso è mosso dal desiderio di alimentare il proprio avatar, lavorando sulla propria immagine non per trovare il proprio benessere fisico, ma per trasformarla in contenuto da mostrare ai propri follower. Inoltre, le donne – come aveva già riportato uni studio del Journal of Health Psychology risalente al 2008 – provano cattivo umore, depressione e ansia dopo soli 30 minuti di visione di riviste di fitness che promuovono un “ideale atletico”. I social, e Instagram in particolare, non hanno fatto altro che far aumentare esponenzialmente queste sensazioni.”

“Le conseguenze della fitness culture vanno oltre la semplice frustrazione: l’ultima revisione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) classifica l’esercizio fisico compulsivo tra i disturbi da dipendenza comportamentale.”


Acuti. Realtà e traiettorie urbane nella pandemia – Sindemia


Acuti – #SINDEMIA

La distanza, il suo rispetto, è divenuto il “gesto” sociale per eccellenza. La mancata rielaborazione di questa idea presenta dunque anche il rischio di un’abitudine verso una condizione di controllo degli ambienti urbani di cui Richard Sennett avverte la persistenza anche quando «avremo i mezzi medici per sopprimere la malattia». 

ll tema della distanza è quindi complesso, se non contraddittorio. Si pensi ai ritmi urbani che nelle sequenze temporali alternano il diradamento e la concentrazione, come nei trasporti. Si può abitare la distanza e mettersi in sicurezza, ma nel momento in cui ci si sposta necessariamente ci si raduna, e ci si assembra, in un mezzo di trasporto che fa della compressione spaziale la sua efficienza. La formula della città dei 15 minuti mentre si diffonde con crescente successo, porta con sé una sorta di progressivo confinamento nello spazio prossimo facendo venire meno uno dei caratteri essenziali della città: l’esplorazione dello spazio ignoto e non conosciuto, l’esperienza dell’imprevisto, dell’inconsueto. 

Prossimità e distanza in questo senso rimandano a questioni più ampie legate ai termini di locale e globale, che Bruno Latour tenta di risolvere ponendo il “terrestre” come terzo attrattore. Una figura che non esclude, nel suo ancoraggio ad una posizione localizzata spazialmente (prossima), aperture globali (distanti) che si trovano espresse nel modo di trascendere identità e confini nazionali. Tradotto in termini operativi, ciò ci riporta alle alternative culturali ma anche tecnologiche fin qui accennate, per governare la transizione della città, ma soprattutto delle sue menti, verso scenari di sostenibilità urbana e sociale.

Countryside è la ricerca di una dimensione originale dell’abitare, lontana dalle forme noiosamente familiari delle cities e alla ricerca di un senso nuovo del vivere e forse anche dell’urbano

SINDEMIA

La domanda è quindi questa: perché un’epidemia infettiva nel terzo millennio, in società così avanzate come le nostre, ha avuto un effetto talmente devastante? Dal tipo di risposta che sapremo dare a questa domanda risiede la possibilità di attrezzarci per rispondere in maniera adeguata a futuri attacchi di questo genere.

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Convegno

Negli anni novanta del secolo scorso, il medico e antropologo Merril Singer  specificava che: «Le sindemie sono la concentrazione e l’interazione deleteria di due o più malattie o altre condizioni di salute in una popolazione, soprattutto come conseguenza dell’ineguaglianza sociale e dell’esercizio ingiusto del potere».

Utero Artificiale, Ectogenesi


Ectogenesi

«L’utero artificiale e la clonazione schiuderanno prospettive vertiginose in cui ciascuno potrà decidere autonomamente di riprodursi e un giorno si arriverà forse all’ermafroditismo universale».

Ovvio che sarà così, al di sopra di ogni visione complottista o di ogni pseudo fanatico di realtà distopica, senza fronzoli o etichettatura…semplicemente #scienza e #futuro senza limiti di credo….

«I feti venivano coltivati in bottiglia e ci si garantiva massima uniformità umana usando ovuli estratti da un numero limitato di madri»: così Aldous Huxley, nel suo Ritorno al mondo nuovo ha descritto profeticamente una prospettiva futurista che è già divenuta realtà.

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Il punto di arrivo non è creare uteri artificiali per salvare i bimbi nati prematuri, ma far nascere le prossime generazioni tramite l’ectogenesi, scollando di fatto la riproduzione e la nascita dal ventre materno.

https://www.huffingtonpost.it/entry/utero-artificiale_it_5d9c99f4e4b099389806dcda

«La riproduzione diventerà compito delle macchine, mentre la clonazione e le cellule staminali permetteranno a genitori-clienti di coltivare organi a volontà per sostituire i più difettosi. Un bambino potrà essere portato in grembo da una generazione precedente della stessa famiglia o da un donatore qualsiasi, e i figli di due coppie lesbiche nati da uno stesso donatore potranno sposarsi, dando vita a una famiglia con sole nonne e senza nonni. Molto più in là, i bambini potranno essere concepiti, portati in grembo e fatti nascere da matrici esterne, animali o artificiali, con grande vantaggio per tutti: degli uomini poiché potranno riprodursi senza affidare la nascita dei propri discendenti a rappresentanti dell’altro sesso; delle donne poiché si sbarazzeranno dei gravi del parto»[1].