Presentazione del libro di Roberto Scannavini e Vincenzo Cioni “Bologna Ricomposta. La città metropolitana e le sue tre periferie” con prefazione di Raffaele Milani, in Studi urbani e regionali (FrancoAngeli, 2024)
Ne parlano: Raffaele Milani, Roberto Scannavini, Piero Cavalcoli, Vincenzo Cioni.
La storia urbanistica recente di Bologna viene ricostruita attraverso i diversi Piani regolatori, dall’Unità d’Italia ad oggi (1880-2023). Deve servire in un domani a ricucire le sue diverse periferie al centro città. Si propongono nuove forme di intervento urbano capaci di aggregazione sociale, di comunicazione viaria e di abbellimento di strade e di costruzioni, al fine di riavvicinare le banlieueux al centro città. Bologna ha conosciuto una continua espansione nel suo territorio, ora ben regolata ora tumultuosa e casuale.
La sua storia recente e le nuove poposte dei due autori – Roberto Scannavini e Vincenzo Cioni – vorrebbero orientare le proposte di Rinnovamento urbano nella città metropolitana dei nostri giorni.
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Christian Norberg-Schulz e il genius loci: l’essenza interiore dei luoghi
“Il carattere è determinato da come le cose sono, e offre alla nostra indagine una base per lo studio dei fenomeni concreti della nostra vita quotidiana. Solo in questo modo possiamo afferrare completamente il Genius Loci, lo “spirito del luogo” che gli antichi riconobbero come quell’ “opposto” con cui l’uomo deve scendere a patti per acquisire la possibilità di abitare”.
L’opera fu programmatica perché diede avvio a una disciplina fino ad allora sconosciuta, la fenomenologia dell’architettura. Da sempre interessato alle problematiche intimiste, Christian Norberg-Schulz studiò l’architettura e in particolare il suo modo di inserirsi nel paesaggio interagendo con l’uomo e diventando luogo dell’abitare. L’abitare è quindi lo scopo ultimo dell’architettura. Proprio come diceva Heidegger, secondo cui l’uomo abita quando riesce a identificarsi in un ambiente.
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La Biennale, una meta sin dalla mia prima volta nel lontano 1994
Il titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Queste opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.
«L’espressione Stranieri Ovunque – spiega Adriano Pedrosa – ha più di un significato. Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri».
Biennale 2024 – ArsenaleL’Arsenale è il più vasto centro produttivo d’epoca preindustriale e nei periodi di piena attività vi lavoravano fino a 2000 lavoratori al giorno, un enorme complesso di cantieri dove si costruivano le flotte della Serenissima e, per questo, simbolo della potenza economica, politica e militare della città. Dal 1980 l’Arsenale è diventato luogo espositivo della Biennale, in occasione della 1. Mostra Internazionale di Architettura, in seguito, gli stessi spazi furono utilizzati durante le Esposizioni d’Arte per la sezione Aperto. Dal 1999 è in atto un programma di valorizzazione dell’area, che ha permesso di aprire al pubblico, tra gli altri luoghi, il Teatro alle Tese e il Teatro Piccolo Arsenale (2000), il Giardino delle Vergini (2009) e le Sale d’Armi (2015).
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ALLESTIMENTO ESSENZIALE PER “KENGO KUMA– ONOMATOPOEIA ARCHITECTURE”, LA MOSTRA CHE A VENEZIA ACP – PALAZZO FRANCHETTI DEDICA AL PROGETTISTA GIAPPONESE. LA RETROSPETTIVA FU LUCE SUL CONCETTO DI “ARCHITETTURA ONOMATOPEICA”, CUORE DELLA VISIONE DEL MAESTRO GIAPPONESE
Sono tredici le onomatopee che, con tanto di tabelle esplicative e ideogrammi, accompagnano il percorso tra i più recenti progetti dell’architetto e le due sculture-architetture appositamente realizzate per la rassegna: L’albero della barca, una maestosa onda in castagno, omaggio al legno che sostiene Venezia, e Laguna, installazione polimorfa che mette in relazione pubblico, terra e cielo nell’elegante giardino su Canal Grande. Qualche esempio di onomatopea? “Para-Para” – Pieno/Vuoto, ovvero la dimensione dove la percezione non è mai solida, ma un insieme di particelle che compongono una forma in alternanza di pieni e vuoti. Viene evocata nello Yusuhara Wooden Bridge Museum (2011), dove piccole sezioni di legno 180×300 si uniscono creando un ponte leggero, arioso, la cui luce strutturale proviene proprio dagli interstizi. E ancora, “Zara-Zara” – Grezzo/Percezione, riporta invece alla centralità delle caratteristiche fisiche dei materiali. Questa si riflette negli Archivi Antoni Clavè a Parigi (2017), che sono allestiti con una lamiera in alluminio stirata e trattata in un bagno di carta washi; una sensazione di imperfezione per ritrovare naturalezza, warmness, come direbbe l’architetto. E come questi tanti altri sono i suoni che danno forma alle intenzioni di Kengo Kuma
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Scrivo il post, da visitatrice, fruitrice di Musei, Esposizioni, Mostre da oltre 35 anni e con cadenza regolare; opinione dunque personale quanto segue…
Visitato per poter ammirare “La Tempesta” di Giorgione. Il Sistema Museale veneziano ha nel suo patrimonio certamente opere inestimabili, qua ritrovabili. (Solo per questo vale 4 stelle, 5 l’Architettura del Palladio)
La Galleria per come è sviluppata non mi ha entusiasmato particolarmente per fruibilità e scelte espositive. Agèe Ho trovato con più “carattere” il ponte dell’Accademia che l’edificio in sé e il contesto esterno (per come è fruito/trattato/valorizzato/vivo). All’interno il bookshop è nutrito ed è subito all’entrata. (L’idea di fare cassa facile, si percepisce nettamente, come per il Correr e tutta San Marco). Il percorso si sviluppa al piano superiore, con le varie sale tematiche, per poi tornare con l’ultima sala con i capolavori di Tintoretto e Veronese(piano terra). Diverse opere e sale erano in allestimento e fuori per mostre. Tralascio volutamente di elencare la grandezza degli autori e delle opere esposte che si presentano da sole e con l’audio guida, mi soffermo sullo spazio e il percorso espositivo. (Sito consultabile, degno di nota)
Illuminazione non idonea, arredi, colori e pannelli vetusti. Coinvolgimento del visitatore all’interno di un percorso sensoriale con l’ultilizzo della tecnologia, assente. Sicuramente ha bisogno di una riconcezione più smart degli allestimenti e dei percorsi. (Interattività, realtà aumentata, suoni, visita virtuale o in 3d, gaming, tablet/meta dati per le opere scelte più importanti, audio_guida con IA…)
Degna di nota la collezione di opere del Casanova e le opere del Vedutismo e Paesaggismo (Il Sito offre la possibilità di vedere la Gallery delle sale espositive)
“La scuola di Bologna si compose per movimento proprio, sorse e grandeggiò privata”. Con queste parole Carducci celebrò la nascita dell’Alma Mater Studiorum, durante i festeggiamenti del suo ottavo centenario nel 1888. Lo stesso vate ammetteva l’artificiosità di tale anniversario, poiché riconosceva l’impossibilità di rintracciare una data precisa di fondazione, in virtù del fatto che lo Studio Bolognese non è stato creato per volontà di un sovrano o da un consesso organizzato di maestri, ma è sorto per spontanea e informale iniziativa di alcuni studenti.
Alma mater è un’espressione latina che viene utilizzata per designare, metaforicamente, l’ università . La sua traduzione letterale sarebbe “madre nutriente” , poiché anima significa “che nutre”, mentre mater , matris , traduce “madre”.
In questo senso, l’università è considerata una madre, poiché fornisce ai suoi figli, agli studenti, il cibo di conoscenza universale per la pratica professionale.
Antonio Tabucchi, nato a Pisa nel 1943, è stato docente di letteratura portoghese, scrittore, traduttore e giornalista, aveva esordito come scrittore nel 1975 con il romanzo Piazza Grande. Professore dell’ Università di Siena, ha insegnato in prestigiose Università straniere (fra cui il Bard College di New York, l’Ecole de Hautes Etudes e le College de France di Parigi) ed era riconosciuto come uno dei più profondi conoscitori e divulgatori dell’opera di Fernando Pessoa.
Noi siamo un colloquio, diceva Hölderlin. Per Eugenio Borgna, rivolgere lo sguardo alle illusioni, ai sogni, alle attese e alle febbri di una vita significa entrare in un dialogo infinito con gli abissi della propria interiorità e anche con quella dei suoi pazienti, alla ricerca di ciò che le unisce nel dolore e nella speranza.
Jago, Banksy e TvBoy hanno sovvertito le regole dell’arte, rifiutando di entrare a far parte di un sistema imbrigliato ed escludente; sono tre artisti hanno “creato un precedente” e fatto parlare della loro arte arrivando al cuore del grande pubblico. “Controcorrente” si presenta, appunto, come una tripla monografica che mostra le opere più significative di ognuno di loro: dalla Girl with Baloon a Bomb Love di Banksy; Apparato circolatorio e Memoria di sé di Jago; la serie dei baci e quella degli eroi di TvBoy, oltre a pezzi iconici dell’artista come la coppia “modernizzata” che ha dato vita alla enorme opera che dà il benvenuto all’aeroporto di Roma Fiumicino oppure il Gino Strada con il cartello “stop war” comparso una notte di qualche mese fa sui muri di Milano.
Circa 60 opere allestite in un percorso unico e sorprendente alla scoperta degli “enfants terribles” dell’arte, che non poteva che essere ospitata a Bologna, città della controcultura per eccellenza. Un dialogo – suddiviso in 4 sezioni – che porta il visitatore a cogliere le corrispondenze esistenti tra i diversi orientamenti nell’elaborazione delle tendenze legate alla Street Art europea che, in questo momento, è un punto di riferimento internazionale.
I Monumenti della Storia Universale dell’Architettura di J.B. #FischerVonErlach
Una mostra epurata dalla classica chiave di lettura delle opere di Fisher Von Erlach, che analizza il lavoro del “trattatista incisore”, principalmente partendo dalla sua biografia e dai suoi riferimenti culturali e storici, nonchè dalle frequentazioni dell’elite del tempo. Fisher abile e ambizioso osservatore, ri-produttore raffiguratore, delle “visioni” altrui, proposto in chiave contemporanea come nell’ odierno digitale, copia, incolla e componi.
Lavoro complesso e sincero da parte dei curatori, senza inficiare l’aulica funzione storica del Von Erlach. Interessante
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La mostra, Il mondo delle meraviglie, è articolata in due sezioni distinte ma coordinate, I monumenti della storia universale di J.B. Fischer von Erlach, a cura di Marco Folin e Monica Preti, allestita in Archiginnasio e Antonio Basoli e J.B. Fischer von Erlach, visitabile presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna fino al 19 gennaio e curata da Marco Folin, Eleonora Frattarolo e Monica Preti.
L’esposizione ruota intorno all’esemplare posseduto dalla Biblioteca dell’Archiginnasio di un’opera celebre: il Saggio di un’architettura storica (Entwurff einer historischen Architectur, 1725) dell’architetto austriaco Johann Fischer von Erlach (1656-1723), uno dei maggiori esponenti del barocco viennese.
Presentazione del libro Da Gerusalemme a Pechino. I monumenti della storia universale di J.B. Fischer von Erlach (Modena, Panini, 2018). Interviene: Carlo Ginzburg, in presenza degli autori Marco Folin e Monica Preti.